L’origine del corallo, conosciuto anche come “Oro rosso” per la sua preziosità, è stata per secoli avvolta nella leggenda: Ovidio nelle “Metamorfosi” e Plinio il vecchio nella “Naturalis historia” riconoscono al corallo la stessa genesi mitica.
Gli ornamenti in corallo rinvenuti in alcuni siti archeologici fanno supporre che fosse conosciuto già varie migliaia di anni fa; la pesca e la lavorazione del corallo erano praticate in tutto il Mediterraneo e da qui poi il corallo era esportato in tutto il mondo conosciuto, utilizzando le vie per le quali in senso inverso si importavamo le spezie, la seta, i profumi e le altre merci pregiate.
Il suo colore caldo e vivo, l’origine marina, la sua natura ambigua hanno sedotto tutti i popoli che ne sono venuti in contatto, attribuendogli virtù portentose come amuleto contro la negatività e addirittura come afrodisiaco e ingrediente base di molte preparazioni ad uso medicamentoso.
Nell’escatologia cristiana, il corallo è associato alla figura del Cristo e simboleggia il sangue della Passione e della Resurrezione. Innumerevoli sono i dipinti di scuola italiana, fiamminga o tedesca che ritraggono il Cristo bambino tra le braccia della Madonna, con al collo la collana di corallo con un rametto pendulo.
In Italia i primi a dedicarsi alla pesca e alla lavorazione sistematica del corallo furono i trapanesi che ben presto divennero abilissimi “scultori”, specializzati nell’incastonatura di piccoli coralli su oggetti sacri e di uso domestico.
Già a partire dal 1400, Torre del Greco si era dedicata alla pesca del corallo ed i pescatori torresi, forti della loro esperienza secolare, si spingevano con le loro coralline fino alle coste africane. Il guadagno dei corallari era così ingente che Ferdinando IV di Borbone chiamò la città “spugna d’oro” del suo regno.
La lavorazione del corallo a Torre Del Greco ebbe inizio nel 1805 e vi fu portata da un francese di Marsiglia, tale Martin, il quale in cambio di un buon ingaggio e della promessa fattagli dai Borboni di esentarlo dalle tasse, trasferì la propria bottega a Torre e segnò l’inizio dell’ascesa della città. Gli affari andarono subito a gonfie vele. Presto i primi operai di Martin si misero in proprio: fu naturale che il pescato prendesse perciò le vie delle botteghe torresi, anziché di quelle di Livorno, Genova, Marsiglia, le quali, non alimentate dal grezzo, presto declinarono.
Duecento anni più tardi, passando attraverso varie vicissitudini, superando due guerre mondiali, Torre del Greco rimane il principale centro della lavorazione del corallo d’Italia. Qui, circa 4.000 persone si tramandano da padre in figlio l’arte della lavorazione del corallo.
Ogni periodo di questi 200 anni è stato interessato da una moda, da un modo diverso di lavorare il corallo. Esiste così un periodo neoclassico, nel quale le forme erano austere ed eleganti, un periodo “frutti e foglie”, nel quale si utilizzarono minuscole incisioni di frutta, fiori, foglie, che combinate insieme e montate in oro, davano effetti di straordinaria bellezza.
Il periodo tra le due guerre vide scarseggiare notevolmente la materia prima, pertanto si cominciarono a rovistare i pozzi nei quali erano stati gettati gli scarti della lavorazione. Così nacque la moda del “tessito”, piccole sfere – ricavate dal corallo di risulta – intessite insieme intorno ad una sfera di legno.
Non possiamo non notare, venendo ai giorni nostri, quanto il corallo sia ancora un grande, inossidabile trend che è arrivato a contagiare con le sue sfumature vibranti, vivaci e positive tutti gli ambiti della moda, dall’abbigliamento all’arredamento, passando per il make-up, arrivando addirittura ad essere eletto, nella variante “Living Coral”, colore Pantone dell’anno 2019.
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